Time Bomb/Hellnation Special
Descrivere chi fa le cose per passione e con passione nel mondo del merito, del calcolo e dove si divide qualsiasi categoria per vincitori e per vinti, può essere pure un atto privo di significato: parlare a chi non ti vuole ascoltare, rispondere a chi pensa già di avere una risposta migliore della tua, porre domande a chi di dubbi non ne ha (non ne ha perché è malato di certezze, ma le certezze ti ammazzano mentre il dubbio ti salva sempre). Un atto che, nella consapevolezza di essere minoranza se non addirittura solitudine tra miliardi di solitudini, può sembrare inutile. Ma dal momento che, dopo l' ascolto di certi dischi, si sente il bisogno di condividerli, parlarne, descriverli, forse quel senso d' inutilità scompare e lo si fa lo stesso, perché, come tu senti il bisogno di parlarne, c' è chi questi suoni li ha composti, li ha organizzati in armonie e ritmi coerenti, ha preso le sue preoccupazioni, i suoi fantasmi, li ha messi nero su bianco e ne ha fatto dei testi da cantare a pugni chiusi e cuore in gola; ha preso ogni suo dolore e ne ha fatto musica, arte, racconto.
Time Bomb ed Hellnation son realtà che conoscono questo processo, lo vivono e lo fanno vivere da sempre. Donano un supporto, e quindi una casa ideale, a chi sente ancora la necessità di dare vita a dei legami, creare delle connessioni, non a mezzo social, ma a mezzo d'empatia.
Per queste tre uscite che vado a descrivervi come meglio riesco, Hellnation e Time Bomb si sono unite come altre volte per fornire a dei pensieri, dei moti interiori non contenibili, una valvola di sfogo adeguata e una cassa di risonanza con capacità di diffusione più estese (insieme a Subculture For Life per i Dirty Job, mentre per gli Hotza Hellnation non c' è ma viene adeguatamente sostituita dalla Tough Ain't Enough)
I dischi prodotti dalla cooperazione tra queste due entità sono strada, pianto, urla, rumore, melodia e amore e nulla hanno a che vedere con linguaggi aziendali, strategie di marketing e tante altre stronzate che non c' entrano niente con la musica, quella vera. Con passione per chi è ancora in grado di appassionarsi, tutto qui (e non mi pare poco, per niente).
Dirty Job "World's Decay"2024, Timebomb/Hellnation/Subculture For Life
Iniziamo col dire che la vena schietta e per niente artefatta di questo gruppo già mi spinge ad affezionarmici. Non sono mai stato uno skinhead in vita mia ma in queste note, in questi cori, in questi fraseggi, ci sento tutto lo scoramento di chi, come me, pena come un animale in gabbia sul posto di lavoro in attesa di tornare a casa e poter essere finalmente se stesso. Non ci sono parole alte, citazioni colte, solo voglia di vita a fronte delle sabbie mobili di una realtà asfissiante, una realtà che ci vorrebbe tutti coinvolti in cicli produttivi sempre più inutili e fini a se stessi
È una vitalità prorompente quella dei Dirty Job, un modo per uscire dall' anonimato della routine, un modo per rompere definitivamente ogni relazione col manichino che mandiamo a vivere ogni giorno al nostro posto. La verità non esiste, d'accordo, ma i Dirty Job ci si avvicinano parecchio; per farlo non usano artifici, niente di spettacolare tra questi solchi, solo il crudo teatro di ogni giorno esorcizzato con note e armonie vocali.
Inutile dire che l' Oi! italiano funziona meglio quando si allontana dai luoghi comuni del genere, fuggendone le tematiche più frivole (calcio e birra) e abbracciando quelle più inerenti al contesto di appartenenza: ambiente, crisi del mondo del lavoro, politica dal basso. In fondo i Nabat ci hanno insegnato anche questo: essere skinhead non significa per forza essere una rimasticazione italiana, uno scimmiottare imbarazzante i modelli provenienti da oltremanica, ma una visione sul sistema da un punto di vista sviluppato nei bassifondi, nelle miserie della propria condizione di essere umano. I Dirty Job seguono questa traccia, senza scordarsi mai di parlare al futuro tra melodie stradaiole e ritmiche serrate
"Il futuro è nostro, ci faremo spazio, colpiremo così forte e con Extrema Ratio"
Un disco che non è solo semplicemente piacevole (cosa che comunque è senz' altro) ma è anche rabbia, passione ed un' invincibile fede votata al riscatto.
Hotza "Esnatu" 2024-Time Bomb/Tough Ain't Enough
Ooooooh! Come godo! Zero melodia, zero suoni leccati, zero di zero. Grezzi, minacciosi e cattivi, gli Hotza non fanno poesia, non limano i suoni, non si gettano in fini sperimentazioni e non si mettono a cavalcare l' ondata Oi! in stile francese che mescola irruenza e raffinatezze Wave. Non che io disprezzi, ci mancherebbe, ma ogni tanto sentire che c'è sempre qualcuno che si ricordi che suonare è istinto e coltellate nello sterno non fa mai male, anzi: gli Hotza vanno sempre dritti al punto, fanno della loro semplicità un punto di forza e una cifra per poterli considerare come sinceri combattenti di un sentire che è imprescindibile. L' Oi! parla di vita amara, di dolore, di rinuncia e, picchiando come fabbri, ce lo ricordano con intransigenza. Duri e puri, tra suoni impastati e una voce cavernosa e testimone di birre e sigarette, si fanno largo nel cerebro a suon di mazzate e, nel fare questo, ci regalano un Mini tutt' altro che ostile: sei pezzi altamente memorizzabili e condivisibili in tutto e per tutto. Non comprendo nulla del loro basco, ma, semplicemente sentendoli suonare, mi viene da dargli ragione su tutto; perché, pur non conoscendo la lingua, la loro musica è comprensibile a tutte e tutti.
La magia di un genere come questo sta proprio nell' aver creato un linguaggio universale (verrebbe quasi da dire internazionalista) nonostante i suoi natali identitari e con precisi riferimenti alla realtà inglese: chiunque guardi il mondo dalla stessa prospettiva degli Hotza può riconoscere una condizione comune, una lotta giornaliera universalmente condivisa: perché purtroppo gli sfruttati e gli oppressi (chi per un motivo, chi per un altro) sono ovunque, non solo in Inghilterra.
Iena "Fino alla morte", 2024-Hellnation/Time Bomb
Dallo stereo ti esplodono in faccia in forma compatta, quindi parrebbe quasi giusto affermare che gli Iena sono tipo una ciaffata di palmo dentro un guanto di marmo. Fa male ma male è quel che deve fare
È Oi! questo, mica chiacchiere, o strepita e picchia o sennò è solo fuffa.
Dal suono delle chitarre, al ritmo tribale, ai cori che, da stadio come il genere ci aveva abituato, qui paiono più gridi di battaglia per guerre già perse ma che si combattono lo stesso perché:
Siamo qui per la causa e non per la vittoria.
Son quindi inni per eterni perdenti, perdenti che però ogni volta ricominciano da capo e, in quanto inni, scaldano il cuore, predispongono a nuove sfide (siano esse svolte necessarie ed impossibili o, più semplicemente, arrivare in fondo alla giornata cercando di difendere la propria dignità).
Al di là dei titoli delle canzoni, assai cupi e perentori, gli Iena sanno come infondere speranza in chi li ascolta: verrebbe quasi voglia di usare questi pezzi come un' armatura, una schermatura contro gli urti della vita. Nell' essere aggressivi e cinici questi fiorentini riescono a farti sentire protetto; le loro parole, semplici e dirette come la loro musica, riescono a motivare e a dare un senso compiuto ad un mondo sempre più alieno da spiegazioni razionali e logiche ben argomentate.
Di fronte ad un pianeta sempre più violento, dove ogni riferimento culturale pare smarrito o assente, gli Iena sono uno scoglio solido al quale appigliarsi per non lasciarsi trascinare via dalla corrente ammorbante del neoliberismo e dei nuovi ordini mondiali
Per non sentirsi persi, tristi e soli
Per non arrendersi
Per cercare gli altri e confrontarsi
Per continuare ad urlare ancora
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