The Unfit "Disconnettend",2024
Gruppo, questi Unfit, la cui provenienza dice molto: sono di Seattle e, son pronto a scommettere, paiono essere cresciuti acculturandosi ai concerti dei Mudhoney e di tutti i loro progetti parelleli (i Thrown-Ups, su tutti, son quelli che mi vengono a mente per primi).
Fanno il verso ai Mudhoney? Non proprio, a meno che non si ritenga che i Rolling Stones facciano il verso a Robert Johnson, Muddy Waters, Jimmy Reed e James Elmore. Partendo quindi dal presupposto che, no, nessuno qui fa il verso a nessuno, procediamo:
Hanno due elementi fondanti questi Unfit che mi mandano totalmente nei matti:
1) la componente sgarbatamente DIY che li fa sentire genuinamente vicini a chi li ascolta; la marcata caratterizzazione artigianale del suono, del ritmo, quel certo non so che di improvvisato e tenuto insieme per passione. Me li vedo in sala prove tutti intenti a vivere le proprie intuizioni con un indole divertita e il solo proposito di sentirsi vivi e veri. Non credo si possa aggiungere molto altro per fare si che un' idea, un modo di essere, diventi poi atto concreto in musica: l' onestà di chi suona nel proporsi armato solo delle proprie passioni e dei propri difetti (che diventano, nel suono, immancabilmente dei pregi)
2) la volontà, qui piuttosto esplicita, di compiacere nessuno se non se stessi. Qui gli Unfit sembrano raccontarci la loro versione sul mondo che vivono e il modo in cui loro, e nessun altro se non loro, riescono a viverlo.
Nel fare questo non si fanno per niente ostili ma, casomai, ostici: dissonanze, feedback, urla scriteriate, non scrivono mai niente né di ruffiano né di esageratamente disturbante, non pensano ad un pubblico ma solo se quello che esce dai loro strumenti gli somigli. Usano la musica come un mezzo e mai come un fine. Bravi, maremma sudicia!
Molto probabilmente questo disco rimarrà un'esclusiva dei soli Stati Uniti ma, in fin dei conti, questo non ha grande importanza: in un mondo trincerato e schiavo dei suoi stessi errori, una delle prime vittime è sempre la condivisione dal basso di cultura, arte e racconto. Non rammarichiamocene troppo e sfruttiamo al meglio i pochi mezzi a nostra disposizione. Le gioie, come questo EP, sono sempre tante e sarebbe un peccato il privarcene.
A tempi migliori.
Comments
Post a Comment