Monkey Cat "Psychotic Wonderland", 2024-Area Pirata
Se prendi il Proto Punk, quel fantastico momento tra il 1966 del Garage Rock e l' infinito, e lo tieni abbastanza a bada da fargli accettare di essere messo nella stessa gabbia coi vezzi di un synth che se ne va a spasso fra le ere geologiche del Post Punk, del Kraut e di tanta altra roba elettronica, alla fine che cosa ottieni?
Verrebbe da pensare ad un minestrone senza capo né coda ma, in realtà, se si considera il semplice fatto che il Garage Rock è la base indiscutibile per ogni movimento underground ad esso successivo, allora ci si renderà conto che tutto è possibile, qualsiasi commistione sotto la sua egida può essere, se uno si impegna, un buon lavoro, fresco e stimolante.
I Monkey Cat ci si sono impegnati e questo disco ne è la prova.
Ma dov'è nascosta la genialità di un disco così? La risposta è che nascosta non è per niente: il synth, anche ad un ascolto distratto, risulta subito essere lo strumento più in risalto dell' intero insieme; la sua prevalenza riesce, con garbo ma anche con pugno fermo e ferreo, ad imporre anche a chi può dirsi un purista soluzioni sonore desuete per certi anfratti della cultura Rock N Roll e il disco scivola via piacevole e propositivo allo stesso tempo.
In questo disco è nascosto quindi un segreto che, con gli anni e al di là di certo chiacchiericcio inutile che vorrebbe il Rock N Roll relegato al ruolo di reliquia da museo, suona sempre vero ed inattaccabile: nel Rock N Roll la prima regola è che non c' è una vera regola, si deve rischiare, buttarsi nella mischia senza protezioni, azzardare e non pensare mai al risultato in termini di vendita ma solo in bontà artistica.
O ti fai male o non è Rock N Roll, prendere o lasciare.
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