Purp "The Little Brainwash Simulation", 2024
Non so più se a scompaginarmi l' esistenza è il fruscio di foglie morte o il suono rarefatto di questo disco. Suoni che si mescolano divenendone solo uno in un autunno che, tanto per cambiare, pare non avere pietà di noi. Sempre troppe opinioni, sempre più diritti umani avviliti se non calpestati, sempre più stronzi e sempre meno umani. Meglio consolarsi con Purp che, con tocco quasi mistico, riesce a fare suonare un' intera stagione dentro un unico reperto.
Il talento di Purp è riuscire a dare un suono definitivo a quello che un suono non ha e la cosa stupefacente (stupefacente in tutti i sensi possibili) è che lo fa con un suono che non è definitivo: la natura frastagliata del suo lato sonoro lo rende aperto alla commistione col clima, l' umore di chi ascolta, lo scandire inesorabile delle ore...lui suona e l' invisibile e l' impalpabile suona con lui, attraverso lui.
Purp non sembra neanche più un essere umano ma semplicemente il megafono attraverso il quale si esprime l' inesprimibile: il muto parla, il cieco descrive ciò che vede, il pazzo da un senso compiuto a ciò che prova.
Per capire un disco così non si può e non si deve essere ascoltatori attenti, bisogna, cioè, lasciarsi annegare in una condizione quasi di abbandono e mai e poi mai con la volontà di capire, tracciare dei confini, intuire delle possibili soluzioni: questo disco esce dal lettore e diventa eterno perché di eternità è fatto.
Sembra di riuscire a vedere attraverso spessi banchi di nebbia grazie al dizionario di frasi e suoni impossibili che Purp ci lascia in questo CD: vedere l' invisibile e capire che l' invisibile e ciò che non è ma presto potrebbe essere.
Lasciatevi avvolgere e provate con tutte le forze a non capire. Comprendere l' arte è l' illusione dello stupido.
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