Goodbye Boozy Records Special 1
A vederli così su due piedi paiono truffe belle e buone: fogli A4, disegni fotocopiati, centrini marchiati con un timbro ad inchiostro. Eppure quanta poesia in ogni ascolto, quanta arte povera e semplice in queste copertine e relative grafiche. Il Punk questo era, questo è e questo sarà: quando hanno iniziato a parlare di Punk, volenti o nolenti, non si poteva non pensarlo come Il Futuro, va da sé che oggi per produrre il Punk del futuro si debba rimettere in gioco il Punk del passato, riutilizzarlo in quanto vero ed unico linguaggio futuribile. Il portato dei predecessori è la più grande eredità artistica/filosofica/poetica mai lasciata; se si vuole rompere con questo meccanismo non si è più Punk ma solo dei dispersi in mezzo al miasma delle produzioni contemporanee: autoprodursi per emergere è una cosa che, con le moderne tecnologie, san fare tutti, autoprodursi per dimostrare quanto sia possibile creare o perpetrare un circuito esterno e per niente accostabile al concetto di prodotto/consumo/pattumiera dei ricordi è una cosa da Punk. Creare una storia, un' epopea, affiliarsi ad essa è l' unico percorso possibile contro il continuo ed eterno presente neoliberista. Abbiamo un futuro perché abbiamo un passato. Goodbye Boozy, da Teramo, questo fa e, a manciate di 7" e cassette per volta, porta avanti un discorso iniziato eoni fa rinnovandolo di continuo utilizzando il linguaggio disperato e romantico di chi vuole sempre fuggire dalle manette e dalle palle al piede del Consumo.
Dona una forma fisica a due distinte uscite su digitale dei fenomenali Gobs, un fenomenale concentrato di Spits, Reatards e Power Pop passati sotto la pressa di un Lo-Fi pesante e ipnotico. Le melodie si fanno rarefatte, sepolte sotto un fruscio continuo e occorre un ascolto attento e partecipe per distinguerle, farle proprie, innamorarsene. I Gobs non sono un gruppo come tanti, i Gobs te li devi meritare: quando ti entrano nelle sinapsi non ne puoi più fare a meno e diventi esattamente come loro, un alieno disperso tra milioni di volti umani che, d'improvviso, si rende conto di quanto gli unici alieni siano proprio quei volti, alieni gli uni dagli altri e, in prima battuta, alieni da se stessi.
Aggiunge un altro tassello ad una delle menti più brillanti che abbiano percorso l' epopea del Budget Rock restituendone una variante Hendrixiana, psichedelica: Timmy Vulgar's Genetic Armagaddon si fa cupo e distante nel lato A, in un pezzo dalle atmosfere Dark, malsane, intrise di una tristezza ed un' alienazione insofferente e urticante. Il pezzo va lento ma non conosce pietà alcuna: ferite su carne viva, nessun dolore nel momento esatto dell' incisione per poi ritrovarsi a soffrirne per sempre. Nel secondo lato, dopo l' incisione su vivo tessuto, c' è un pezzo intimo, acustico e solitario: tante buone idee che la povertà della registrazione non riesce a scalfire nella loro veridicità, rassegnazione e genuinità. Timmy Vulgar percorre un tempo linea infinito, un essere umano straordinario senza battute d'arresto. Non c' è mai stato un argomento atto a metterne in discussione la creatività che non suonasse fasullo, artefatto, privo di costrutto...
Porta avanti la collaborazione sana coi Satanic Togas che suonano come i Satanic Togas poiché loro sono i Satanic Togas e, in quanto tali, non serve cercare appigli e riferimenti nei dischi di qualcun altro: i Satanic Togas sono una storia a sé, una cifra personale, uno stile unico ed irripetibile. Nervosi, ironici ed ostili, un Punk Rock meccanico, ironico e allegramente fatalista. Questo è un singolo che come sempre dimostra quanto una formula così ben rodata riesca a non venire mai a noia ma a rinnovarsi semmai nella sua ripetizione.
https://goodbyeboozydigital.bandcamp.com/album/illusions-1998
Ruba un gruppo, i Beef, alla Feel It Records e non si può dire che sia un gruppo a caso: considerato come uno dei migliori dischi del 2023 da Maximum Rock N Roll, il debutto dei Beef li consegnava già al cuore dei vecchi e nuovi accoliti del Punk Rock. Con questo singolo si confermano sempre paladini di un suono che si rinnova semplicemente disarticolando le strutture del Punk Rock classico: una massa compatta e rocciosa si muove irrefrenabile ed ossessiva, approfitta di ritmiche Post Punk, aggiunge varianti armoniche che sembran virgole ma le virgole, come sa bene chi scrive, son tutto se non una larga fetta in un racconto; in fase di arrangiamento ai Beef basta una nota per dare freschezza al suono e stimolare l'attenzione di chi ascolta fino a rapirlo e farlo diventate complice quasi in una versione artistica della sindrome di Stoccolma.
Fornisce ospitalità ad un gruppo di debuttanti che, poco dopo questa uscita, si son prodotti in un debutto di pari livello. GB prende il singoletto uscito solo su Bandcamp in formato digitale dei Jacket Burner e lo schiaffa in cassetta: è un ricollegarsi alle origini dell' etichetta per non perdere mai i motivi, le sensazioni e la spinta che, verso la fine degli anni '90 portò un ragazzo di Teramo a mettere su la sua etichetta per far girare la musica che lo esaltava e coinvolgeva. Infatti i Jacket Burner sono Rock N Roll secco, diretto, minimale, zero fronzoli, tanti bicchieri di whisky rotti, risse e perversioni assortite. Così come da inizio così anche dopo vent'anni, il Rock N Roll ti spinge e ti rianima. Si potrebbe dire che i Jacket Burner fanno roba stra sentita ma si mentirebbe spudoratamente e, quel che peggio, si farebbe solo un torto a se stessi: il minimalismo Rock N Roll, sporcato di Punk Rock, di deviazioni e sconfitte, è la più grande invenzione del genere umano anche prima della ruota: è un modo per rendere la musica democratica, il linguaggio universale che mette insieme tutti. I Jacket Burner, di questo principio, son felici alfieri, mirano al cuore e lo centrano al primo colpo, ti fanno venir voglia di suonare e non perché "questo lo so fare anch'io" ma perché "io voglio essere come loro": primitivo, sgarbato, non l' anima fella festa ma lo sconosciuyo che la rovina. One Shot One Dead.
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