Giovanni Mistero "Nevaia", 2024- Bubca
Che fine ha fatto il cantautorato?
Eh?
Dichiarata morta ma, di fatto, mai dismessa, la pratica del suonare per cantare di storie, soprusi, scene ingrate, bei momenti fugaci e passeggeri, non è da un bel po' presente nella discussione musicale italiana; a meno che non sia compresa in un ragionamento inquinato alle radici da nostalgia e passatismo
A meno che non venga inquinata ulteriormente da quel germe malsano che è l' amore. Quell' amor che tutto assolve e tutto perdona, quell' amor che è solo uno slogan per vendere cioccolatini, preservativi, programmi insulsi su chi scopa con chi, e mp3 di merda per fare playlist di merda. Ma quell' amore indecifrabile per la vita, talmente indecifrabile da condurre inevitabilmente alla morte, che fine ha mai fatto?
Il cantauorato, quello vero, non ha mai smesso di essere questo, esiste a tutt' oggi e, risoluto, continua ad amare, vivere, odiare, morire per poi risorgere. Giovanni Mistero è quel tipo esatto di cantautore; parla di ciò che vede, ciò che sente nel profondo e lo ripropone secondo suo criterio. Il cantautorato vero all' italiana è anzi tutto commistione e Giovanni commistiona, senza lasciare nulla tra le righe.
In soli due pezzi mostra versatilità senza perdere coerenza: un synth dalle armonie inquiete come nei Goblin di Simonetti, chitarra e voce come un cantastorie da osteria; come fanno questi due elementi a coesistere sullo stesso nastro? È il carattere di chi suona e canta il collante, il punto d' appiglio ed approdo che rende il tutto amalgamato e coerente: si racconta una storia ed il narratore è unico, anche se cambia registro il plettro rimane il solito. Il cantautorato è in sostanza solo questo: la volontà di narrare una storia e rendersi conto che, nel risuonare continuamente un canone, l' ascoltatore si annoia. Questo Giovanni Mistero lo sa e in soli due pezzi si presenta con due abiti diversi: la volontà di rappresentazione soverchia e primeggia ogni possibile tentazione melodica, ogni facile pagliacciata da classifica degli ascolti su piattaforme di streaming.
Il cantautorato non è morto, si è solo deciso che non era più vendibile. Una volta superata la minaccia dell' essere umano pensante, che dall' arte pretendeva stimoli intellettivi e creativi, si è preferito assecondare il Frankenstein creato dal capitalismo che, dall' arte, pretende solo di essere intrattenuto e rassicurato.
Mistero, facile al cantaurato, come all' avanguardia, come alla dissonanza, è un vero cantautore poiché non vuole assecondati né intrattenerti; usa un vocabolario diretto "puoi violentarmi all' ombra dei granai" "i culi madreperla per l' olio dopo sole" e risulta poetico pur parlando di vita semplice, se non addirittura banale ,"in un vicolo eiaculerai con dolore, quindi corri in riva al mare e fatti pescatore". Nel suo lirismo, nei suoi suoni secchi, risicati, minimali, oggi Giovanni Mistero può suonare inaccettabile se non addirittura insopportabile per il pubblico generalista, ma la colpa è solo di quest' ultimo, prono e arreso, come di fatto è, di fronte ai lasciti dell' industria del divertimento in serie e preconfezionato; Giovanni, per parte sua, è brillante e genuino.
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