Manifesto intenXionale (che giunge tardi ma pace)

 Guardo le visualizzazioni di questo blog e penso che, se fossi quello che non sono, potrei pure disperarmi; ma siccome sono condannato ad esser quello che sono, penso che la disperazione sia denti, unghie e fulmini e che, onestamente, sia più giusto che mi disperi per altre cose.

Se ho deciso di fare questo blog è per creare un' estetica, un modo di scrivere e pensare la musica che fosse lontano, se non estraneo, da visualizzazioni, visibilità, linkare strategicamente, pregare a mani giunte per una sponsorizzazione.

Lo faccio per far capire quello che intendo io per musica: un' espressione artistica che fa da contenitore e teatro per quello che in vita sentiamo, guardiamo, soffriamo, godiamo, subiamo, trionfiamo.

Non mi interessa di essere visualizzato, mi interessa solo di essere compreso e che si pretenda, se mal mi spiego, di chiarire meglio. Non chiedo altro.

All' inizio, dismessi i panni di recensore da webzine già avviata, mi ero promesso di dare a Ortica Xoundz una forma cartacea così da allontanarmi da tutte quelle trappole mediatiche come da inizio articolo: visualizzazioni, visibilità, linkare... l' incubo dell' algoritmo non è mai stato un incubo per me ma, tutt' al più, un fantasma, una sovrastruttura, che volevo eliminare totalmente da un percorso di critica musicale proprio al fine di porre la musica e la filosofia (qual'ora questa fosse presente) di chi la compone lontana il più possibile da un linguaggio pubblicitario e, prima ancora, aziendale. Tuttavia i fondi, il tempo e i mezzi a disposizione restano esigui e risicati, quindi ho preferito continuare come blogger e tentare di fare del mio meglio per stare comunque alla larga da certi linguaggi e pratiche demenziali (demenziali se si parla di musica indipendente).

"Ma comunque utilizzi i social media, ti inchini quindi all' algoritmo, ti prostri, volente o nolente, al Dio della Visibilità e quindi TU TI CONTRADDICI!!!!"

Vero, ma datemi la chance di esporvi il perché non si tratta proprio di una contraddizione (la contraddizione è condizione umana e comprensibile, potrebbe essere applicata anche al bimbo appena estratto dall' utero materno: "eh piangi e ti lamenti, non ti sta bene di stare al mondo? Vediamo come stai senza le nostre cure ed attenzioni") ma di un compromesso dal quale, magari, si può tirar fuori un tentativo per uscire da questa melassa appiccicosa e creare un qualcosa di ALTRO rispetto alla pratica vigente e che, essendo oramai assurta al ruolo di normale iter, se non addirittura di necessaria gavetta, sembra oramai l' unico sentiero possibile

IL PROBLEMA DEL LINGUAGGIO

Nel suo saggio del 2019 "Contro l' ideologia del merito" (edizioni Laterza), Mauro Boarelli espone in maniera brillante come nella nostra società si sia insidiato, poco a poco, e seguendo, appunto, una filosofia d'approccio meritocratico, il linguaggio aziendale: nella scuola è comune l' utilizzo di parole come debito e credito, "avere un valore aggiunto" è un termine oramai in uso da chiunque e che va al di là del suo primigenio utilizzo in campo economico; fare un briefing, un life planning, un brain storming, essere self confident, essere multitasking... l' azienda, i suoi rituali e il suo vocabolario, si sta mangiando la vita di tutti noi novelli e novelle Fantozzi in un mondo che diventa sempre più incomprensibile e dove l' idea di merito pare quasi farsi fumosa e distante come la promessa di un paradiso dopo la morte...

Parimenti, termini come Visibilità, Endorsement, Promozione, appartengono al mondo dell' economia neoliberale e da un bel po' di anni ormai anche a quello musicale: partito dall' alto si è, poco a poco, inserito anche nell' Underground, snaturandolo, banalizzandolo, rendendolo innoquo.

Il mio impegno, con questo blog, è adottare un linguaggio spurio da certe tentazioni, scrivere in una grammatica ed una semantica che non siano pubblicitarie, non cercare di vendervi un prodotto ma di comunicarvi, per quanto io possa riuscirci, le emozioni che provo ascoltando il frutto delle altrui emozioni; un linguaggio emotivo insomma e non da fabbrica di cioccolatini.

Il mio tentativo è volto a creare comunità nel mondo reale utilizzando un mezzo cercando di non uniformarmi a questo, coi suoi linguaggi e le sue pratiche: partire da qui, dare un punto di riferimento e di incontro per persone che la pensano allo stesso modo e tentare di creare un mondo trasversale a quello imperante.

Col linguaggio si può fare molto in realtà: si possono fondare imperi come li si possono distruggere, si può dichiarare guerra così come la si può evitare...si può unire delle persone e dare vita a meraviglie o disastri meravigliosi.

In ogni caso, si usi per cortesia clemenza verso chi ancora tenta, prova, magari inciampa, casca, ma non si da pet vinto e, seppur coi ginocchi sbucciati, si rialza e si imponga indifferenza verso chi critica e, già chiamandosi sconfitto in partenza, si plasma per ottenere le briciole che cadono dal tavolo di chi comanda, poiché è bene che sappia che alla fine non avrà neppure quelle.

Questo è per quando la connessione cade e ti rimane solo uno specchio, un foglio e un coltello.

Questo è per quando le vetrine straripano colori fluo e ti lasciano tagli nelle sclere e nelle iridi.

Questo è per quando non riesci a provare più niente, ti spaventi, e provi più forte fino a farti male.

Questo è per quando parli e nessuno ti ascolta, quando ascolti e ti rendi conto che nessuno ti sta parlando. Nessuno ti ha mai parlato davvero.

Questo è perché tu sappia che io ti sto ascoltando.



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